lunedì 29 dicembre 2008

La leggenda



LA LEGGENDA
Sontuoso melodramma in costume, romantica storia d'amore, capodopera di una grande Hollywood ormai scomparsa. Il Kolossal con Clark Gable e Vivien Leigh e' forse il più amato della storia del cinema.

Paragonato all'epoca della sua uscita a "Nascita di una nazione" di Griffith, oggi questo grandioso melodramma ambientato durante la Guerra di Secessione Americana denuncia in maniera evidente i propri limiti retorici ed ideologici, ma continua a rappresentare un vero e proprio monumento alla potenza produttiva della Hollywood degli anni d'oro, ancora efficace nella descrizione epica e nostalgica della Georgia di metà Ottocento e soprattutto ancora capace di colpire al cuore raccontando la romantica e tormentata storia d'amore fra l'affascinante avventuriero Rhett Butler e la solare e caparbia Rossella O'Hara. Costato l'allora iperbole cifra di quasi quattro milioni di dollari, trionfante tanto ai box office che agli Academy Awards (otto Oscar più due premi speciali a William Cameron Menzies, vera anima pittorica del film, e a Don Masgrave, che coordinò la complessa e rissosa troupe), il film e' soprattutto frutto del talento e della faraonica follia del produttore indipendente David O. Selznik, Allora trentasettenne. Vero padre-padrone di "Via col vento", Selznick, dopo aver acquistato per cinquantamila dollari i diritti del best-seller di Margaret Mitchell, dedicò ossessivamente due anni e mezzo dalla propria vita a trasferirlo sullo schermo in un clima di frenetico caos creativo. Nel corso della sua grande avventura Selznick assunse e quindi licenziò ben dieci sceneggiatori (dal premi Pulitzer Sidney Howerd, unico citato nei crediti, a Rancis Scott Fitzgerard fino allo specialista Ben Hecht), coinvolse tre registi (George Cukor, licenziato dopo dieci giorni di riprese, Victor Flrming, che arrivò ad abbandonare temporaneamente il set con propositi suicidi, e Sam Wood), trasformo' la ricerca dell'attrice ideale per Rossella in un affare di stato che coinvolse le più famose star dell'epoca, convinse Gable ad accettare il ruolo di Rhett con un ricatto (in cambio del suo consenso la MgM gli offrì i quattrocentomila dollari che la moglie pretendeva per accordargli il divorzio). Selznick assaporò il trionfo il 15 aprile 1939, quando il film fu presentato ad Atlanta, in una proiezione sontuosa con la presenza dell'intero cast. Unica esclusa, Hattie McDaniel, prima attrice di colore a conquistare l'Oscar.



«A Tara... A casa... A casa mia! E troverò un modo per riconquistarlo.

Dopotutto, domani e' un altro giorno»



L'amore: la storia, l'orgoglio la passione.

Ammantato da un'aura che lo ha reso invulnerabile anche alle critiche più severe, costruito secondo le regole del melodramma e ambientato negli anni della Guerra di Secessione Americana -che tra il 1861 e il 1865 oppose il Nord e il Sud degli Stati Uniti - Via col vento resta ancora oggi per molti "il film" per eccellenza: un opera che grazie alla costruzione drammatica e all'intreccio sentimentale, e' divenuta la favorita di almeno tre generazioni di spettatori. Lo sfolgorante successo, la grandiosità del progetto e il cast straordinario non possono comunque cancellare l'ambiguità' ideologica del film, che sembra voler difendere la Confederazione degli Stati Uniti del Sud e con essa un sistema economico basato sulla schiavitù. ma tutto questo in fondo e' sempre passato in secondo piano.

Il girotondo dei sentimenti - Strutturato su un solido impianto cronologico che accompagna lo spettatore durante tutta la Guerra da Secessione, il film ha una indiscussa protagonista. la volubile, prepotente e irresistibilmente vitale Rossella O'Hara. E' proprio il filo rosso del suo amore idealizzato e non corrisposto per Ashley Wilkes che lega gli eventi della sua vita e di quella dei personaggi che ruotano intorno. Sin dall'inizio Rossella ama (o crede di amare) in Ashley il mondo che ha conosciuta da ragazza, si rifiuta di riconoscere in lui i segnali dell'inevitabile sconfitta e in sé stessa la vitalità che la rende più adatta ad affrontare i tempi nuovi. Eppure -a cominciare dal padre che, nella scena di apertura del film, le spiega le ragioni per cui non avrebbe approvato un matrimonio con Ashley - tutti sembrano concordi nello scoraggiare questo sentimento. Ma per Rossella e' una questione di principio. "l'eroina" desidera l'unico uomo che non può avere e, con cieca ostinazione, respinge l'amore di Rhett, apparentemente l'unico in grado di capirla ed amarla per cioè che è. D'altra parte tutti i personaggi principale sembrano ugualmente affetti da un'incurabile forma di cecità che li spinge a disprezzare la serenità e la tranquilla dell'amore corrisposto. Infatti, mentre Ashley e' continuamente tentato di cedere alle avances di Rossella, Rhett desidera l'amore della giovane, finendo poi per respingerla proprio quando lei capisce di aver inseguito per anni un fantasma e cerca infine conforto tra le sue braccia. La scena in cui Rossella comunica a Rhett che on vuole più avere figli, così come il silenzio di entrambi dopo una notte di passione che tramuta un'occasione di riconciliazione in un ulteriore distacco, non sono che due esempi dell'inutile e inarrestabile sequela di malintesi che on potrà essere riscattata nemmeno dalla catarsi finali. Infatti quando, dopo la morte di Melania, avvolti in un'atmosfera crepuscolare, Rhett e Rossella riescono finalmente a spiegarsi scoprendo di avere tutto sommato desiderato le stesse cose, lo spettatore si illude che la scena costituisca il preludio a una riconciliazione: invece no, il lieto fine e' bandito e il dramma deve correre verso il suo amaro epilogo. Di fronte a chiaroscuri così netti non resta che seguire l'intreccio, intuendo che la soluzione non esiste, perché ogni personaggio difende il proprio punto di vista e sarebbe impossibile trovare una prospettiva privilegiata. Del resto e' un po' come se tutti i protagonisti di Via col vento fossero figure quasi senza spessore, costituite in modo tale che tutte le loro emozioni possano affiorare in superficie. una superficie nitida in cui ogni sfumatura svanisce e i conflitti sono semplificati all'estremo.

Rossella - Voi non siete un gentiluomo!

Rhett - E voi non siete una signora...

Non e' un titolo di demerito, le signore non mi hanno mai interessato.

Personaggi come simbolo di una società che cambia - A proposito di conflitti, non bisogna dimenticare che le spietate battaglie di sentimenti dei protagonisti si sovrappongono agli eventi della Guerra di Secessione l'ultima combattuta dagli americani sul proprio territorio; come tutte le guerre civili, anche questa lascia profonde ferite, destinate a rimarginarsi lentamente. Le ragioni storiche si mescolano così a quello del cuore. Infatti, fin dal primo incontro, i due rivali Ashley e Rhett si trovano su fronti opposti. Nel salone delle "Dodici querce" (la tenuta di Ashley wilkes) i giovani rampolli ei proprietari terrieri della Georgia - schiavisti, conservatori e difensori di un, mondo di tradizioni e buone maniere - convinti di poter sconfiggere i ricchi commercianti e industriali del Nord. Rhett, invece, sa che il Sud non potrà mai più farcela perché più povero e arretrato e impotente di fronte alle leggi dell'economia. Ma, così come Ashley, paladino del vecchio mondo che sta scomparendo, difende Rhett per dovere di ospitalità, anche Rhett proteggerà Ashley quando questi si lascerà coinvolgere in pericolose azioni dal Ku Klux Klan. il vecchio e il nuovo quindi si attraggono e si respingono, e non solo nei rapporti fra i quattro protagonisti: Rhett e Rossella, che on hanno mai smesso di prendersi gioco dell'ipocrita e perbenista società di Atlanta, sono infine costretti a riconoscere le proprie radici: Rhett torna a Charleston, sua città natale, e Rossella pensa a Tara, la sua terra, come all'unico luogo capace di ridarle serenità.

Un opera destinata a sbalordire - Per capire le ragioni del suo eccezionale successo non bisogna dimenticare che fin dall'inizio Via col vento fu concepito come un'opera destinata al grande pubblico. Naturalmente l'obiettivo di attrarre il maggior numero possibile di spettatori determinò molte delle scelte artistiche: dall'impostazione chiara e lineare della sceneggiatura sino agli accorgimenti tecnici, come l'uso del technicolor estremamente curato per i tempi. Bisogna inoltre ricordare che ben tre registi si alternarono sul set - Cukor, Wood e Fleming (cui spetta l'attribuzione finale) - e, soprattutto, che il vero artefice del film fu senz'altro il produttore David O. Selznick, che con tenacia e determinazione fu in grado di guidare un'eccezionale macchina produttiva, le cui dimensioni divennero ben presto leggendarie. Tanto per cominciare la stesura della sceneggiatura - tratta dal romanzo di Margaret Mitchell - e la preparazione del piano dettagliato di lavorazione richiesero più di un anno di lavoro; la scenografo William Cameron Menzies realizzò più di 3000 bozzetti del film, annotando scena per scena le istruzioni sui movimenti della macchina da presa e le indicazioni sugli effetti di luce e colore. Anche il battage pubblicitario fu proporzionato allo sforzo produttivo, con l'ottimo risultato di assicurarsi la partecipazione emotiva del pubblico prima ancora dell'inizio delle riprese. Ne' e' un esempio la selezione del cast. Mentre tutti erano d'accordo su Clark Gable nel ruolo di Rhett Butler, per la parte di Rossella la decisione fu senz'altro più tormentata e si scatenò una vera e propria caccia alla diva, con la convocazione di più di 1400 attrici o aspiranti tali, a 400 delle quali fu chiesto di eseguire un provino su parte. Ciò nonostante, il primo giorno delle riprese, quando fu girato l'incendio di Atlanta, la protagonista non era ancora stata scelta. Così mentre interi set di vecchi film venivano bruciati (sprigionando fiamme tanto alte che i vigili del fuoco furono sommersi dalle telefonate degli abitanti del quartiere, convinti che gli studios della MGM stessero bruciando davvero), la leggenda vuole che Myron Selznick- fratello di David, oltre che uno dei più importanti agenti di Hollywood - arrivasse insieme a una giovane donna dagli occhi magnetici viola. Quando David si girò per stringerle la mano, Myron, senza scomporsi, gli disse: «Dave, voglio presentarti Rossella O'Hara». Fu un colpo di fulmine. Vivien Leigh fu scritturata la sera stessa e , a ventisei anni, ottenne la parte che l'avrebbe resa celebre regalandole il suo primo meritatissimo Oscar.
Si regge su ben codificate leggi formali, ma al di là di questo, racconta amori infelici. Bisogna farsene una ragione. Per tutto il film trepidiamo nell'attesa che le cose vadano per il verso giusto. Noi sappiamo benissimo, fin dalle prime sequenze, quelle che sarebbero le coppie più "giuste" e quelle che sono destinate al fallimento. Eppure i personaggi, quasi rosi da autolesionismo, prendono le decisioni più sciagurate, che li porteranno alla deriva. In fondo, questo e' il "nocciolo" del sentimento amoroso: ci si innamora senza sentire le ragioni del cervello assecondando solamente le esigenze del cuore. Rossella si innamora di Ashley e a nulla serve che suo padre le dica che non le darebbe mai il permesso di sposarlo. Non la dissuade il fatto che l'uomo si sposi con la buona Melania e che da lei abbia avuto un figlio. E non le fa cambiare idea neppure il signor Butler, che pure la ama ed e' l'unico che in fondo la comprenda. Sembra che i personaggi facciano di tutto per farsi del male da soli. Anche Rhett una volta che pare essere riusciti nel suo scopo (Scarlett si rende conto che non ha mai amato Ashley, ma solo lui), decide di lasciare Rossella. In fondo, la sofferenza fa da leit-motiv a tutto il film, e lo spettatore si commuove, piange. Ma, in effetti, e' quello che voleva e quelle lacrime, alla fine, sono ristoratrici, il giusto coronamento di una visione partecipe ed emotiva. E questo e' l'unico modo per amare Via col vento. Se si rimane "distanti", ci si annoia, se si trepida con gli eroi della saga, le quattro ore smembreranno cortissime. Un consiglio: evitate le visioni "spezzettate", bisogna vederlo per intero, dall'inizio alla fine.

LA GUERRA
E’ bene chiarire subito una cosa: la pellicola, dal punto di vista contenutistico è ambigua, se non addirittura reazionaria, pervasa da classismo e sessismo latente. Perché al centro del film non ci sono solamente i conflitti del cuore, ma anche la guerra di secessione, l’ultima combattuta sul territorio americano. Sarà un conflitto destinato a lasciare cicatrici profonde. Il tema, nell’opera cinematografica, viene trattato in modo superficiale. Cosa interessava al potente produttore era la resa spettacolare delle scene. E, da questo punto di vista ha colpito nel segno. A proposito, non si dimentica tanto facilmente il campo lungo che riprende un tappeto di morti nei pressi della stazione di Atlanta, ove Rossella si reca alla ricerca del dottore che dovrà far nascere il bambino di sua cugina. In questa circostanza colpisce l’ottusità della protagonista che non si cura della mattanza, ma si interessa solo del suo “particulare”.
Attraverso il ritratto dei due personaggi maschili principali, il film propone l’analisi di due modi di pensare contrapposti. Ashley è un entusiasta, ma anche ottuso. Parte per il fronte pieno di speranze, quasi certo dell’esito favorevole della guerra, digiuno di esperienza di vita vera ed obnubilato da una giovinezza segnata da privilegi ed agi che non torneranno più. Rhett, invece, è più realista e “navigato”: sa che il Sud andrà incontro ad un disastro annunciato, vede il conflitto come occasione per arricchirsi personalmente.

UN FILM DESTINATO A DIVENTARE LEGGENDA

Il film doveva essere un grande successo commerciale e così è stato. Costò quattro milioni di dollari, ma le spese furono ampiamente ammortizzate da incassi da capogiro che consentirono a Via col vento di rimanere, fino agli anni70 il film che aveva incassato di più. Vinse dieci Oscar, tra cui quello a Hattie McDaniel, prima attrice di colore premiata dall’Academy. Scandalosamente manca L’Oscar per le fantastiche musiche, il cui motivo conduttore viene utilizzato come sigla di apertura di “Porta a Porta” di Bruno Vespa.
Leggendario pure il casting. Su Clark Gable come Rhett tutti erano d’accordo. Il problema era Rossella: tante attrici erano candidate, ma, tra tante blasonate candidate, la spuntò una ragazza dagli occhi viola che si chiamava Vivien Leigh. E fu trionfo. Non si potrebbe pensare, neanche un secondo, ad una Rossella diversa. La nostra, stretta in corpetti e agghindata con cappellini kitsch, è entrata nell’immaginario collettivo, per sempre. Per lei fu subito Oscar bissato poi con quello conquistato per la magistrale interpretazione di Blanche Dubois ne “Un tram chiamato desiderio" di Elia Kazan

2 commenti:

  1. é BELLISSIMO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    W via col vento 4ever...Ho finito di leggere il mondo di Rhett avevi ragione!! Bleah... Ma il tuo blog è stupendo!

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  2. Questa tua bellissima analisi mi sta aiutando per un esame. Grazie :)

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